La capacità di eliminare non solo il superfluo, ma tutto ciò che si può omettere, limitandosi a suggerirlo in maniera nascosta.
Di Gianni Santalmassi
È un rosso violento, aggressivo quello che riveste le pareti della stanza di un appartamento tipicamente borghese.
La stessa tonalità “fauve” si espande fino alla tovaglia che ricopre il tavolo, quasi a far perdere il senso della tridimensionalità spaziale.
Disegni riproducenti vistosi arabeschi orientaleggianti nei toni del blu, frutti e oggetti di un luminescente colore giallo solare fanno da contrasto al rosso dominante, mentre i toni del nero e del bianco rivestono la figura di una donna incurvata nell’ atto di deporre una fruttiera.
L’atmosfera è calda, intensa, quasi a voler sottolineare una giornata di spettacolare quotidianità, generatrice di potenti emozioni; una finestra si apre su un giardino verdeggiante sempre dai toni forti, in cui si profilano alberi e punti coloristici a simboleggiare una natura in fiorescenza, mentre in lontananza si intravede una casetta con pareti rosa carico e tetto scuro, in perfetta assonanza con la scenografia del dipinto.
Fu solo agli inizi del ‘900 che egli riuscì ad esprimere in modo più enfatizzato la “teoria del colore” di cui Matisse riteneva Maestro il Russell, tanto da essere considerato uno dei maggiori esponenti del “fauvismo”.
“ La stanza rossa" , conosciuta anche come “ Armonia in rosso” è l’ opera di Matisse ritenuta tipica espressione del periodo “ fauve” ( anche se l’ artista non espresse mai appieno la sua adesione al movimento, mantenendo atteggiamenti e costumi tipici della borghesia dell’ epoca), che colpisce l’ osservatore per la sua potenza espressiva, mettendo allo scoperto i tratti salienti di un movimento artistico che, se pur di breve durata, lasciò tracce visibili nella Cultura estetica del XX secolo.
Nel dipinto sono ben visibili le piatte zone di colore cui si unisce una bidimensionalità decorativa e illusionistica che confluiranno nel futuro bagaglio cognitivo ed espressivo dell’ artista francese.